Mi
sarebbe piaciuto raccontare una storia nuova, che narri di suoni e leggende sul
mondo di questo insostituibile senso, invece ho deciso di analizzarlo un po’.
Udire
è anche vedere, soprattutto ciò che l’occhio nudo non riesce a recepire.
Ascoltare,
tuttavia è un verbo che possiede definizioni differenti: magiche.
Sentire,
percepire suoni, rumori o canti. Assorbire quanto più le trombe di Eustachio,
ovvero i canali uditivi, riescono a ingabbiare trasportandoli al cervello.
Suoni,
puri e semplici, asettici se non vengono collegati a un altro organo sensoriale
anche uditivo che è l’anima. Una collaborazione indispensabile, senza la quale
saremmo tutti molto simili ai replicanti de film fantasy, privi di emozioni.
Con
l’anima si acquisiscono significati molteplici e profondi, a seconda
dell’intensità.
Un
rumore assordante, incute panico, se non ne conosci l’origine, ti guardi
attorno per capire cosa succede.
Una
canzone ti emoziona, la ascolti con tutto te stesso, perché regala attimi di emozione
pura, di malinconia o nostalgia. Oppure di vivace vitalità e di energia.
Un
nenia, dolce e soave, all’orecchio di un bimbo rilassa il suo sistema nervoso,
lo accompagna nel mondo dei sogni.
Una
parola sussurrata con passione, suadente e sensuale, stimola i sensi, accelera
i battiti e aumenta il calore corporeo; unisce nell’abbraccio due esseri che si
fondono e si perdono nel suono delle parole d’amore, si amano: eppure è bastato
un sussurro.
Ascoltare,
significa ascoltare con l’anima i problemi, le esigenze di una persona cara, o
anche di chi ha necessità di un conforto; solo facendolo con il cuore
riusciremo a comprendere il suo stato d’animo, dimenticandoci di noi per
dimostrare la nostra presenza, la nostra disponibilità.
Il
latrato di un cane, il miagolio di un gatto, sono verbi che richiedono di
essere ascoltati con l’anima e la mente, ed essere tradotti per comprenderne il
senso.
Esistono
tuttavia voci, che non hanno una vera e propria spiegazione.
Quelle
sono le più intriganti. Sono dettate dall’inconscio a seconda della situazione
che stai per affrontare, o che hai già avuto l’occasione di vivere. Voci che
non dipendono dalla nostra volontà e che non si possono dominare: affascinanti
nel loro mistero.
Terribilmente
cupe, scatenano timore, paura o incredulità.
Dubiti
di te stesso, convinto di rasentare la follia, rievochi persino gli
insegnamenti di Freud, per raggiungere una definizione che non arriverà mai.
Quando
ho perso mia madre, percepivo non solamente il suo profumo, dentro qualsiasi luogo
mi potessi trovare.
Il
solo pensiero di lei mi riconduceva, e lo fa tuttora, la sua voce, il suo
timbro, addirittura la sua risata argentina.
Sono
trascorsi quindici anni ormai, la sua voce resta sospesa come un eco, rimbalza
da una parete all’altra, non appena il mio ricordo ne riaccende l’immagine.
I
primi tempi, di notte venivo svegliata dal suo richiamo: «Lisa dove sei,
vieni!»
Aprendo
gli occhi ero consapevole della realtà, ma l’eco ripeteva ancora quella frase,
la sentivo era vera concreta, le mie orecchie la comprendevano: era la sua
voce.
Restando
così nel dormiveglia, poi ascoltavo il silenzio; un muto vuoto di rumori di
qualsiasi genere, non so se succede anche alle altre persone, mi sembra
impossibile, sento e percepisco nettamente, in quel momento, il rumore del
silenzio.
Esiste,
non è vuoto come si pensa, ma concentra una miriade di suoni, infinitamente
piccoli, sembrano lontani cinguettii, variano d’intensità anche se è comunque
molto debole. Impossibile? Provate.
Al
buio e a occhi chiusi, quando siete praticamente isolati dal resto del mondo,
tutto è spento e voi, più che mai rilassati, percepite questa colonna sonora
continua.
Fate
conto di trasformare un firmamento tempestato di stelle riducendole in suoni.
Lievi, impercettibili, ma esistono e sono lì, vi accompagnano sino a che non
sprofondate tra le braccia di Morfeo.
La
sensazione preferita me la regala il rumore del mare, quello che magicamente,
se accostate una conchiglia all’orecchio, viene replicato, quasi vi fosse
racchiuso dentro. Che strano fenomeno! Quale potrebbe essere il suo senso?
Mi
adagio sulla spiaggia deserta, meglio se all’imbrunire, quando piccole onde si
alzano e s’infrangono sul bagnasciuga,
più grandi per via dell’alta marea, e suonano.
Bisbigliano
una melodia che sembra una canzone, l’animo si apre e respira: ahhh che
meraviglia!
Pare
un amplesso l’incontro del mare con la battigia, mentre lo sguardo si posa all’orizzonte
dove il cielo baciato dal mare, spegne il suo rossore assumendo un colore
magico, indefinibile.
Quello
è il suono dell’estasi, ti avvolge e ti rapisce, conducendoti per mondi lontani
dove i suoni sono armonie meravigliose e ti colmano di emozioni aliene, sempre
nuove e ti abbandoni come in un sogno, inerme e leggero a quello che è il suono
della vita.
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