Rudolph Nureyev il mito per eccellenza di mia madre. Ho conservato cartelline colme di articoli riguardanti la sua carriera, tutte gelosamente custodite tra gli effetti personali più cari.
Artista amato e contestato, carattere forte e introverso, condivideva con mia madre, le origini Tartare e una discreta somiglianza dei tratti somatici del viso, nonché dell'instabilità emotiva.
Un amore virtuale, conservato nel cuore lungo i suoi anni di solitudine. In qualche modo rappresentava la realizzazione dei suoi sogni: la notorietà ed il successo.
Già colpito dalla malattia, agli inizi degli anni ottanta, Rudolph Nureyev si esibisce a Torino, al Parco del Valentino. Mamma affronta lunghissime code e si procura i biglietti per due serate consecutive.
Entusiasta per l'opportunità, si è riaccesa in lei una vitalità ormai dimenticata. Un nuovo lampo di energia, regalato dalla sua inesauribile passione e dalla nostalgia delle origini.
Lo ammetto con molto rammarico, non l'ho accompagnata. Le vacanze estive mi avevano portata nei mari limpidi della Sardegna.
Sola e risoluta, nonostante la malattia cominciasse a debilitare il suo fisico, in modo subdolo e non ancora diagnosticato. Riuscì a concedersi il privilegio di entrare nel suo camerino, di parlargli.
Dapprima diffidente e poco loquace, iniziò pian piano ad aprirsi, dimostrando una inconsueta sensibilità.
L'incontro del giorno successivo, ebbe un effetto ancor più forte, dal punto di vista emotivo; scambiandosi ricordi d'infanzia, ricordando le origini, mamma addirittura individuò una probabile lontana relazione di parentela: le nonne portavano lo stesso cognome.
Orgogliosa a dismisura di questa conoscenza, per mesi menzionò l'episodio a chiunque avesse l'occasione d'incontrare, travolgendoci con l'entusiasmo dei suoi racconti.
Un' ultima nota di infinita positività, capace di accompagnarla per un lungo periodo, prima di ritornare a riabbracciare i segni della depressione.
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