“UN CIGNO DI NOME ANNA”
Raccontare i percorsi esistenziali di mia madre, sarà di certo un’ impresa ardua.
Costretta a una sorta
di trasfigurazione, per riesumare i suoi tortuosi trascorsi, mi ritroverò a
ripercorrerli a ritroso nel tempo.
Vite parallele, vissute
condividendo drammi a frammenti di spensieratezza.
Io, unica voce narrante
della sua realtà quotidiana, inevitabilmente coinvolta, ne vengo trascinata
emotivamente, al punto da coglierne le vibrazioni, le angosce e le umiliazioni.
Nata
a Yalta, sul marNero, vive un’infanzia di stenti, difficile.
Muoiono prematuramente
entrambi i genitori, vestendola di un vuoto interiore indelebile.
Deportata in Germania,
appena quattordicenne, insieme a una sorella maggiore, affronta ogni avversità,
lottando con tenacia, sorretta anche da una buona dose d’incoscienza.
Durante i cinque anni
di prigionia, incontra mio padre, s’innamorano e si sposano.
Terminata la guerra, superano
ogni ostacolo e rientrano in Italia,
trasferendosi a Torino.
Due figli e matrimonio
fallito agli albori, a causa delle differenze culturali e linguistiche. Anna è incapace
di adattarsi alla sottomissione, integrandosi alla conflittuale convivenza con la
suocera, al controllo serrato delle
cognate.
Bistrattata è cacciata
di casa e messa a servizio, presso una famiglia e allontanata dal figlio di
soli due anni. Incinta, viene licenziata,
lei tuttavia, si reinventa per non soccombere.
Affronta suo malgrado,
il pregiudizio di lavorare in un locale notturno, superando la solitudine e l’abbandono,
sempre a testa alta.
Si compie, dopo qualche
tempo, la metamorfosi, grazie anche a un nuovo amore, che la trasforma in una
giovane carismatica, elegante, bella e volubile.
Vivace e malinconica,
amante della danza, dedica alle sue passioni tutta se stessa. Emotivamente
instabile, provata, offesa e tradita.
Cresce i figli a
“distanza”, vuoi per gli impegni
artistici e sentimentali, che per il timore di
affrontare ancora l’incubo della disperazione, di tornare al passato.
Gli anni del benessere
svaniscono presto. Una breve parentesi, vissuta intensamente.
Regala a tutti, ma
soprattutto se stessa, una vivace
dimostrazione delle doti eclettiche che l’hanno sempre contraddistinta,
godendo di attimi si meritato successo.
Cagionevole di salute, muta
spegnendosi lentamente, logorata dalla malattia, cancellando per sempre, tra malanni,
dispiaceri sentimentali e solitudine, la donna versatile e generosa, colma di
quella travolgente genialità innata, oltre ogni immaginazione della giovinezza.
Un’ultima scintilla di vitalità, le viene offerta dall’incontro con il suo idolo
“Rudolph Nureyev”, in occasione di una sua tournee al parco del Valentino.
Durante il loro
incontro, emergono sorprendenti vicende personali che li accomunano.
Accanto a
lei, ho affrontato percorsi tortuosi, malumori e attimi di euforia, plagiata
dal suo amabile egocentrismo, incapace di sottrarmi alla dirompente forza di
carattere, contro cui non potevo che soccombere, insieme alle bizzarrie disarmanti, tipiche dello spirito di
un artista.
In
queste pagine, ripercorro tutti i sentieri della sua esistenza, fino al giorno
della morte, creando qualcosa di tangibile a testimonianza di una donna
“speciale”, facilmente giudicata e criticata che ha privilegiato la solitudine
“come senso della vita”, in cambio della assoluta libertà.
Tutto
quanto descritto, viene incluso dentro i contorni scenografici di una adorata e
straordinaria Torino. Piccoli camei, inseriti in alcuni momenti emozionanti di questa storia .

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