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lunedì 3 marzo 2014

"COLPI DI SPAZZOLA"


                                       UN CIGNO DI NOME ANNA” 


Raccontare i percorsi esistenziali di mia madre, sarà di certo un’ impresa ardua.
Costretta a una sorta di trasfigurazione, per riesumare i suoi tortuosi trascorsi, mi ritroverò a ripercorrerli a ritroso nel tempo.
Vite parallele, vissute condividendo drammi a frammenti di spensieratezza.
Io, unica voce narrante della sua realtà quotidiana, inevitabilmente coinvolta, ne vengo trascinata emotivamente, al punto da coglierne le vibrazioni, le angosce e le umiliazioni. 
Nata a Yalta, sul marNero, vive un’infanzia di stenti, difficile.
Muoiono prematuramente entrambi i genitori, vestendola di un vuoto interiore indelebile.
Deportata in Germania, appena quattordicenne, insieme a una sorella maggiore, affronta ogni avversità, lottando con tenacia, sorretta anche da una buona dose d’incoscienza.
Durante i cinque anni di prigionia, incontra mio padre, s’innamorano e si sposano.
Terminata la guerra, superano ogni ostacolo e rientrano  in Italia, trasferendosi  a Torino.
Due figli e matrimonio fallito agli albori, a causa delle differenze culturali e linguistiche. Anna è incapace di adattarsi alla sottomissione, integrandosi alla conflittuale convivenza con la suocera,  al controllo serrato delle cognate.
Bistrattata è cacciata di casa e messa a servizio, presso una famiglia e allontanata dal figlio di soli due anni.  Incinta, viene licenziata, lei tuttavia, si reinventa per non soccombere.
Affronta suo malgrado, il pregiudizio di lavorare in un locale notturno, superando la solitudine e l’abbandono, sempre a testa alta.  
Si compie, dopo qualche tempo, la metamorfosi, grazie anche a un nuovo amore, che la trasforma in una giovane carismatica, elegante, bella e volubile.
Vivace e malinconica, amante della danza, dedica alle sue passioni tutta se stessa. Emotivamente instabile, provata, offesa e tradita.
Cresce i figli a “distanza”,  vuoi per gli impegni artistici e sentimentali, che per il timore di  affrontare ancora l’incubo della disperazione, di tornare al passato.
Gli anni del benessere svaniscono presto. Una breve parentesi, vissuta intensamente.
Regala a tutti, ma soprattutto se stessa, una vivace  dimostrazione delle doti eclettiche che l’hanno sempre contraddistinta, godendo di attimi si meritato successo.
Cagionevole di salute, muta spegnendosi lentamente, logorata dalla malattia, cancellando per sempre, tra malanni, dispiaceri sentimentali e solitudine, la donna versatile e generosa, colma di quella travolgente genialità innata, oltre ogni immaginazione della giovinezza. 
Un’ultima scintilla di vitalità, le viene offerta dall’incontro con il suo idolo “Rudolph Nureyev”, in occasione di una sua tournee al parco del Valentino.
Durante il loro incontro, emergono sorprendenti vicende personali che li accomunano. 
Accanto a lei, ho affrontato percorsi tortuosi, malumori e attimi di euforia, plagiata dal suo amabile egocentrismo, incapace di sottrarmi alla dirompente forza di carattere, contro cui non potevo che soccombere, insieme alle  bizzarrie disarmanti, tipiche dello spirito di un artista.                           
In queste pagine, ripercorro tutti i sentieri della sua esistenza, fino al giorno della morte, creando qualcosa di tangibile a testimonianza di una donna “speciale”, facilmente giudicata e criticata che ha privilegiato la solitudine “come senso della vita”, in cambio della assoluta libertà. 
Tutto quanto descritto, viene incluso dentro i contorni scenografici di una adorata e straordinaria Torino. Piccoli camei, inseriti in alcuni momenti  emozionanti di questa storia .

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